Aveva solo 14 anni Aldo Coppola (1940-2013) quando andò a lavorare nella bottega del padre, non gli piaceva molto studiare e per lavare le teste doveva salire su uno sgabello. A 16 anni era già Maestro d’Arte e dieci anni dopo aprì il suo primo salone in Via Manzoni 14. Non aveva ancora una cliente, ma tante belle idee chiare in testa: impostare il negozio con spazi diversi, quindi via caschi e bigodini e reinventare il concetto di taglio e messa in piega. Se il primo va effettuato su capelli asciutti, la seconda sarà più naturale, se eseguita con le mani una spazzola e il phon. Quasi contemporaneamente, dopo una consulenza a Biki per una sfilata al Pitti (“Non avevo più forcine e mi mancavano 5 modelle!”), stilista di grido dell’epoca, scoppiò la passione e la curiosità per il mondo della moda, e le sue capacità creative-stilistiche non tardarono a farsi notare. Da lì ebbe inizio la collaborazione con i grandi stilisti del prêt-à-porter italiano e con i più famosi giornali e riviste dell’epoca. Le esperienze che maturò sui set, al fianco di grandissimi fotografi, non fecero altro che arricchire la sua professionalità. Carlo Orsi, Norman Parkinson, Gian Poalo Barbieri, Oliviero Toscani, Helmut Newton, Barry Lategan, Fabrizio Ferri, Giovanni Gastel e David Bailey valorizzarono l’estro delle sue acconciature, facendolo conoscere a Londra, Parigi e New York. Ecco cosa dice il grande Giovanni Gastel quando pensa ad Aldo: “Quello che mi colpì, quando lo incontrai per la prima volta a Cernobbio, fu la simpatia, la grande disponibilità e il suo senso dell’humour. Pochi minuti e la sua allegria ti contagiava. E la porto sempre con me quando lavoro, come lui mi ha insegnato a fare. ‘Perché bisogna essere felici di fare un lavoro che si ama’, ripeteva. Lui era già una leggenda. E io, che da ragazzo sono stato campione nazionale di tennis, ho capito una regola basica: quando giochi con un grande, giochi meglio. Lavorare con lui era così”. Seguirono, nel 1976, l’apertura di Piazza San Babila, nel 1979 il lancio della sua prima linea cosmetica omonima e l’anno successivo l’ideazione dell’Agency, primo service italiano che offrisse servizi e consulenza di make-over, di trucco e parrucco per usare il gergo degli addetti ai lavori del fashion world e della pubblicità. Produzioni, sfilate, campagne in Italia ma anche all’estero consacrarono Aldo Coppola come l’hair-stylist più creativo e innovatore del mondo, ad altissimo livello, come racconta Gian Paolo Barbieri, primo grande fotografo esteta della moda italiana: “Pur essendo lontano, penso sempre ad Aldo, a come mi sarebbe ancora utile quando ho delle difficoltà a creare delle belle immagini. Uno degli ultimi lavori è stato quello per Vivienne Westwood con l’aiuto della super Anna Piaggi. Ci eravamo ispirati alle opere di Hans Holbein e Aldo fece dei capolavori assoluti sulle teste di Jerry Hall e Vivienne Westwood. In seguito creò le immagini di Veruska per la rivista tedesca ‘Die Zeit’”. Un altro grande incontro poi segnò la sua carriera e il suo estro, fu nel 1983 e nel 1986, con il gruppo L’Oréal. Molto più di una banale partnership, ma un vero e proprio sodalizio, proficuo sotto tutti i punti di vista. Lo testimoniano la fitta produzione di Calendari, Art-book e l’organizzazione di eventi e Show artistici (al Cosmoprof di Bologna e nel mondo), che attiravano anche 8.000-10.000 spettatori. Aldo era una star e la sua capacità di catalizzare l’interesse e muovere le folle era unica. Come dimenticare lo show nel 2012 al Palaisozaky di Torino sulle note di Bocelli? Non basterebbero mai gli aggettivi per “raccontarlo”. Semplicità è il primo. Come racconta Gian Paolo Barbieri: “Era di una semplicità estrema, non si è mai dato un tono, è sempre stato una persona ‘artista’ pur essendo un grande. Non mancava mai di sorprendermi. Arrivava sul set con delle bottiglie di lambrusco e del salame, che si procurava nella sua tenuta nell’Oltrepò Pavese, dove abitava. È sempre stato un artista vero e la verità è sempre bellezza”. Come lui nessuno mai. Generoso, passionale e testardo. Un papà molto severo ed esigente, dicono i figli. “Se la mamma è stata ed è il collante della famiglia, la casa, il rifugio, con papà non era semplice il confronto. Esigentissimo, di poche parole e tosto. L’ho scoperto lavorando con lui. A 16 anni mi ha messo al lavatesta e la gavetta è stata dura. Ho conquistato la sua considerazione dopo il contratto che portai a casa con L’Oréal e lo Show di Tokyo, durante il quale gli presentai Philippe Starck, allora ancora sconosciuto”, dice Aldo jr. Certo essere il figlio di chi ha fatto della sua professione un’arte non deve essere una passeggiata. Così come vivere accanto a questo vulcano di idee, lo testimonia Franca, che diventò sua moglie a soli 16 anni. “Eravamo due vulcani e condividevamo le stesse passioni: la famiglia e la campagna. I primi anni lo affiancavo in salone poi, con la nascita dei figli, mi sono dedicata alla nostra casa (a Casa Colombi, piccola frazione fra Broni e Stradella) nell’Oltrepò Pavese. Il nostro rifugio dove lui amava ricevere gli amici, condividere la passione dei cavalli e della buona cucina. Ha sempre preteso molto, da noi soprattutto. Cosa mi manca? Mi manca tutto di Aldo, non la sua impazienza, ma la sua risata e i suoi commenti quando cambiavo i connotati alla casa, spostando mobili e cambiando gli arredi”. Giusto per dare qualche pennellata dell’Aldo “privato”. “Un ospite squisito! Cucinava – come tutti i grandi creativi – benissimo”, mi racconta la direttrice di Glamour Cristina Lucchini. Il ricordo più bello di Franca? “Un viaggio in Madagascar, anche se, dopo una settimana che eravamo in giro, voleva tornare a casa. Gli mancava il lavoro”. Straordinario pensare cosa ha fatto e creato con i capelli. “Gli devo la mia convinzione che i capelli esistono per essere tagliati. Tutte le volte che le sue forbici si sono avvicinate ai miei, ho sentito un irrefrenabile impulso a farmeli tagliare il più possibile. Un vero piacere. Il dispiacere poi era dover aspettare che ricrescessero per poterli tagliare di nuovo”, ha detto Ariela Goggi, vice-direttore di “Vogue Italia”. Viaggiare, gli show e la new philosophy per i nuovi Atelier lo tenevano sempre in movimento. Difficile che non fosse sul pezzo! Riprogettare nuovi spazi per i nuovi Atelier del benessere e i saloni privé lo appassionarono e fino agli ultimi giorni della sua incredibile e ricchissima vita ha insegnato e ripartito consigli ai suoi ragazzi. The show must go on!
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